Immagina: il mondo non esiste

la teoria della simulazione

Ci sono il 50% delle probabilità che viviamo in una simulazione

I videogiochi. Mondi sterminati che si costruiscono davanti ai nostri occhi in tempo reale, tramite elaborazioni e soluzioni di intelligenze artificiali, programmate da umani, per costruire il più realisticamente possibile l’avanzare di realtà sempre nuove sullo schermo.

E se anche il mondo che si costruisce di fronte ai nostri sensi ogni giorno fosse la creazione di un programmatore? Allora saremmo quel nutrito gruppo di personaggini-sprite che popolano l’ambiente senza interferire con il personaggio principale? E sarebbe possibile anche solo pensare di rompere la simulazione, di uscire dal Matrix?

Viviamo in una simulazione?

L’ipotesi della simulazione viene enunciata per la prima volta nel 2003 da Nick Bostrom, professore ad Oxford e direttore del Future of Humanity Institute. Nel paper “Are you living in a computer simulation?” Bostrom parte da un complesso trilemma per dimostrare che:

la convinzione che sia probabile che un giorno saremo postumani e che creeremo simulazioni dei nostri antenati è falsa, a meno che non viviamo noi stessi in una simulazione. 

In pratica, se esiste un’intelligenza così alta da essere definita post-umana, allora questa certamente creerà un numero importante di simulazioni che rappresentano l’evoluzione dei propri predecessori. Ma se avesse potuto farlo, allora è quasi certo che lo avrebbe già fatto, quindi la simulazione sarebbe già la nostra realtà in atto.

È chiaro ormai a tutta la comunità scientifica che per creare una mente in un certo qual senso cosciente, all’interno di una macchina, manca soltanto lo sviluppo tecnologico che consenta una capacità di calcolo sufficiente – “per tenere traccia di ogni singolo belief-state di ogni cervello in ogni momento della sua esistenza” (Bostrom, 2003) . 

I videogiochi evolvono velocemente, in tal senso, e sono d’aiuto a comprendere la complessa teoria di Bostrom. Pensate a Sim City: solo pochi anni fa non esistevano neanche degli “agenti”, ovvero dei personaggi indipendenti dal flusso di gioco che esistono, fanno cose e interagiscono tra loro in completa autonomia.  

Magari uno di questi Sim indipendenti fa l’astrofisico, e nessuno può sapere con certezza che non esista un sistema di dati strutturati per l’astrofisica dell’universo Sim City.  Quel Sim potrebbe avere a disposizione, di fronte alla sua propria intelligenza, un intero sistema mondo con le sue leggi fisiche, i suoi calcoli, le sue leggi, i suoi strumenti ed una comunità scientifica vitale.

…paura? C’è già chi pensa di evadere da questa simulazione. Parliamo dell’hacker George Hotz – famoso per i jailbreaking di iPhone e Playstation 3 in diretta Youtube. 

Il giovane Hotz (che vi invitiamo comunque a seguire, perché è uno che sa immaginare forte!) ha recentemente fondato un vero e proprio culto votato al jailbreaking della simulazione: deve esserci una singolarità, un single point of failure, che ci consenta di hackerare il sistema-mondo e liberarci dalla sadica intelligenza che ha programmato la simulazione-mondo.

Simulazione / Auto-simulazione

Sembrerà controverso, eppure quella della simulazione, tra le teorie sulla costituzione dell’Universo, è quella che attualmente gode del più alto tasso di conferme all’interno della comunità scientifica internazionale. 

Tra gli altri, convintamente in favore dell’accettazione dell’orizzonte della simulazione è il fisico teorico James Gates (Università del Maryland), una specie di superstar della scienza alla deGrasseTyson, che sostiene:

Nel contesto matematico delle equazioni legate alla supersimmetria, abbiamo scoperto che esiste una struttura matematica che è indistinguibile dai codici di autocorrezione, nella identica forma in cui esistono nella trasmissione di informazioni digitali.

(discorso alla New York Academy of Science, 10 Ottobre 2018)

Ovvero: nel cuore più profondo della fisica delle particelle, è stato rinvenuto del codice. Del codice! Identico ad una particolare struttura computazionale della trasmissione delle informazioni nei browser che utilizziamo per navigare in internet. 

La teoria della simulazione sta attirando non a caso negli ultimi anni l’attenzione della comunità scientifica: assai più recentemente, gli epigoni dell’Information Theory* hanno preso ad asserire che la materia oscura non esista, e che anzi quel che abbiamo sempre indicato come dark matter è in realtà il peso delle informazioni.

Lo studio per il disvelamento del quinto stato della materia sta conducendo ad esperimenti che tentano di stabilire il peso delle informazioni in maniera empirica, letteralmente pesando uno storage vuoto e poi riempito di file. Già, si sta indagando il peso delle informazioni. Che potrebbe essere quel che abbiamo sempre chiamato materia oscura.

Il che ci porta in braccio alla teoria più estrema, e più recente, di tutte: il mondo è un’auto-simulazione che porta se stessa all’esistenza attraverso uno “strano loop”

Lo studio del Quantum Gravity Research Institute di Los Angeles afferma che tutto è costituito di informazione, espressa sotto forma di pensiero. Cioè, l’Universo si auto-attualizza nell’esistenza basandosi su leggi ed algoritmi che nient’altro sarebbero se non “il principio di un linguaggio efficace”. 

Quindi, l’intera simulazione di Bostrom – interna ad un ordine di pensiero filosofico evidentemente materialista – sarebbe un “unico, grande pensiero”. 

Di chi? E qui la fisica torna finalmente ad infrangersi sulle ospitali strutture della filosofia ontologica. Se il mondo è sempre esistito, allora il suo Creatore gli pre-esisteva? – si chiedevano i padri della chiesa. 

Chi pensa l’unico grande pensiero che è l’universo conosciuto? Per Klee Irwin, fondatore dell’istituto californiano, l’universo-organismo somiglia al dio plotiniano di Simone Weil, che eternamente mangia e contempla se stesso, e la nostra realtà è nient’altro che l’emanazione del suo stesso pensiero. 

Facile credere di avere le idee chiare sul mondo, vero?

*L’Information Theory nasce in realtà negli anni Quaranta, ci si riferisce qui agli studi del Dr. Melvin Vopson dell’University of Portsmouth, risalenti allo scorso anno.